Ossitocina alla prova del suo potere
socializzante
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 15 settembre
2018.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Un numero
considerevole di studi ha provato nella nostra specie l’efficacia della
somministrazione di ossitocina nel generare o facilitare comportamenti volti a
favorire l’interazione sociale e di coppia. A dispetto della conoscenza
pluridecennale della partecipazione di questo peptide a numerosi stati
funzionali, anche fra loro in contrasto in termini di atteggiamento psicologico
del soggetto, le etichette divulgative di “ormone della fiducia”, “molecola
dell’amore” o “della socialità”, hanno contribuito a generare
ipersemplificazioni anacronistiche che attribuiscono ad una singola molecola la
responsabilità di uno stato della mente[1]. Negli anni recenti sono state indagate le
ragioni dell’azione di promozione dei legami sociali da parte dell’ossitocina,
soprattutto nei roditori.
Il motivo
neurofunzionale, sostenuto da ragioni evoluzionistiche, alla base delle interazioni
sociali e della formazione di nuovi legami, tanto nei mammiferi inferiori
quanto nella nostra specie, si ritiene sia costituito dall’attivazione del
“sistema a ricompensa” da parte di tali esperienze. In altre parole, la
necessità riproduttiva e il vantaggio cooperativo hanno determinato
l’automatica entrata in funzione nel rapporto con i simili del circuito
dopaminergico e dei neuroni ad esso associati che, nell’insieme, costituiscono
il rewarding system. Gli effetti di
rinforzo dovuti all’entrata in funzione di tali neuroni possono essere
notevolmente ridotti dall’ansia sociale e da un deficit nello “stile di
attaccamento” che causi insicurezza e instabilità.
Gli studi
fin qui condotti suggeriscono che l’ossitocina possa facilitare l’interazione sociale,
sia accrescendo gli effetti di ricompensa sia attenuando l’ansia sociale, anche
se la lettura dei resoconti sperimentali presenta risultati in genere
dipendenti dal sesso e dallo stile di attaccamento, e non sempre di facile
interpretazione. Per accertare se sia prevalente nella nostra specie l’effetto
ansiolitico o di rinforzo dell’ossitocina, uno studio cinese ha allestito
un’articolata sperimentazione su 128 coppie di amici dello stesso sesso.
(Ma X., et al. Sex- and
context-dependent effects of oxytocin on social sharing. Neuroimage - Epub ahead
of print doi: 10.1016/j.neuroimage.2018.08.004, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Clinical
Hospital of the Chengdu, Brain Science Institute, MOE Key Laboratory for
Neuroinformation, University of Electronic Science and Technology of China,
Chengdu, Sichuan (Cina).
Per comprendere il valore e le
caratteristiche del ruolo dell’ossitocina è necessario considerare il contesto
funzionale nel quale si esercita la sua azione. Si riporta, in proposito, un
brano tratto da un nostro articolo dello scorso anno: “La nostra società scientifica segue con
attenzione gli sviluppi della ricerca sugli effetti psichici dell’ossitocina, e
spera di aver fornito un sia pur minimo contributo attraverso osservazioni
critiche, spesso intransigenti, su interpretazioni, opinioni e prospettive in
massima parte poi confutate dal vaglio sperimentale. È indubbio che le
somministrazioni esogene di ossitocina (ad es., via spray nasale) nell’uomo, come nell’animale, sono in grado di
influenzare il comportamento sociale e i criteri di scelta in vari tipi di
decisione; tuttavia, gli esperimenti non mostrano costanza ed uniformità di
risultati, per ragioni che non sono ancora del tutto chiare.
Negli ultimi
dieci anni sono andati crescendo nel numero gli studi in cui si è impiegata
l’ossitocina per migliorare la cognizione sociale, ma i risultati sono stati
spesso contraddittori ed hanno finito per cancellare l’immagine di molecola in
grado di promuovere in ogni circostanza aumento della fiducia e della
propensione cooperativa o sessuale verso i membri della propria specie. Sono
stati perciò cercati i fattori potenzialmente in grado di interferire con i
processi neuropsichici mediati dall’azione del peptide. L’analisi ha evidenziato,
come elemento in grado di far variare la risposta all’ossitocina, l’attività
del sistema oppioide”[2].
Prima di
esporre in sintesi i contenuti dello studio qui recensito, si propone a
beneficio del lettore non specialista un’introduzione sull’ossitocina tratta da
una nota precedente:
“L’importanza dell’ossitocina come ormone
neuroipofisario era stata compresa e prevista dalla comunità scientifica
internazionale prima della sua scoperta, tanto che nel 1955, solo due anni dopo
averla identificata, Vincent du Vigneaud
ottenne il Premio Nobel per la Chimica. L’ossitocina è un nonapeptide a
struttura ciclica che differisce dalla vasopressina, con la quale condivide la
probabile origine da una duplicazione genica verificatasi nel corso
dell’evoluzione, per due soli aminoacidi di questa sequenza:
Cis-Tir-Ileu-Glu(NH2)-Asp(NH2)-Cis-Pro-Leu-Gli(NH2)[3]. In fisiologia le due
molecole sono distinte sulla base delle azioni prodotte dopo il rilascio in
circolo dalla neuroipofisi: l’ossitocina favorisce la fuoriuscita del latte dai
dotti galattofori e la contrazione uterina, mentre la vasopressina determina la
contrazione dei vasi e la ritenzione idrica renale[4].
Naturalmente, il ruolo studiato per le dirette
conseguenze psichiche e comportamentali è quello di neurotrasmettitore
peptidico. Anche se nella storia della ricerca sui neuromediatori sinaptici
l’acetilcolina e le ammine biogene hanno preceduto e a lungo monopolizzato
l’attenzione, la funzione dei neuropeptidi come primi messaggeri nella
comunicazione intercellulare è filogeneticamente molto antica. Ad esempio, in
celenterati come l’Hydra la
neurotrasmissione è quasi esclusivamente affidata a neuropeptidi, mancando del
tutto acetilcolina, catecolamine e serotonina. E fortemente peptidergica è la
rete nervosa di altri animali a basso grado di evoluzione, quali coralli,
meduse e anemoni di mare. Non appare perciò infondato supporre che una trama di
connessioni mediate da peptidi possa aver avuto, nella storia evolutiva che ha
portato ai mammiferi, il ruolo di una traccia funzionale elementare, una sorta
di abbozzo o base comune sulla quale si sono differenziati i sistemi di
trasmettitori più veloci, efficienti, specifici e puntualmente adattati alle
esigenze dei generi e delle specie filogeneticamente più recenti[5].
Ricordare i caratteri dei peptidi che fungono da
mediatori può contribuire ad allontanare l’idea, diffusa talvolta anche in
ambito accademico, dell’ossitocina quale sostanza naturale che si può assumere
per ottenere una modulazione della psicologia della persona in senso
altruistico, empatico, socializzante, con aumento della fiducia in se stessi e
riduzione di timore e diffidenza nei confronti degli altri. Anche se nei gruppi
neuronici di alcune aree è difficile distinguere la componente paracrina da
quella neurotrasmissiva, la maggior parte dei neuroni che accumula ossitocina
nelle proprie vescicole, la adopera come un mediatore chimico i cui effetti
dipendono largamente dai circuiti in cui è inserita, dalle sequenze di segnale,
dallo stato delle reti che sviluppano il loro tono di base e le loro reazioni a
stimoli, grazie agli oltre cinquanta neuromediatori noti e a tutti gli eventi
di regolazione che intervengono nella fisiologia cerebrale”[6].
A
proposito di quegli studi che hanno ispirato le etichette divulgative riferite
alla sua presunta capacità di favorire la fiducia, la socialità, il bacio,
l’amore, ecc., si riporta dallo stesso testo un altro brano che ci sembra
efficacemente esplicativo:
“Tornando
ai presunti ruoli psicologici del peptide, si può rilevare che la ragione
dell’esito di tanti studi che sembravano provare la capacità del peptide di
favorire i legami sociali e sessuali, accrescere la fiducia in sé stessi e
negli altri e promuovere l’altruismo, era senza dubbio in un difetto di
impostazione[7]. Anche la possibilità di sfruttare la sua azione
antagonista dei sistemi dello stress,
attivati nei disturbi dello spettro dell’ansia e nel disturbo post-traumatico
da stress (PTSD), sembra essere stata
messa in discussione[8].
Senza
addentrarci nell’analisi degli errori di metodo e di interpretazione dei
risultati, qui ci limitiamo a riportare che studi più recenti – intesi a
verificare gli esiti dei precedenti lavori e a mettere alla prova la
possibilità che interrogando in modo diverso la “materia della mente” sull’ossitocina
si potessero avere risultati diversi – hanno ben documentato che il peptide può
aumentare l’aggressività, il pregiudizio nei confronti dell’altro e la tendenza
a correre rischi. In altre parole, effetti sostanzialmente opposti a quelli più
noti e divulgati negli ultimi venti anni.”[9],[10].
Ritorniamo
ora allo studio di Ma, Kendrick ed altri, qui
recensito.
Come si
notava più sopra, la ricerca precedente suggerisce che il peptide possa
facilitare l’interazione sociale sia accrescendo l’attività del sistema a
ricompensa, sia riducendo l’ansia sociale; per questo, i ricercatori cinesi
hanno allestito una verifica sperimentale per accertare, nella nostra specie, se
prevalga l’effetto ansiolitico o di rinforzo.
Gli
esperimenti sono stati realizzati studiando 128 coppie di amici dello stesso
sesso. Il disegno sperimentale era costituito da un paradigma di condivisione
sociale, in doppio cieco, controllato con placebo, per due amici, uno dei quali
posto in uno scanner per la risonanza
magnetica funzionale cerebrale (fMRI), e l’altro in una stanza per la
valutazione comportamentale a distanza.
In tal
modo è stato possibile valutare se l’iniezione intranasale
(ad effetto immediato) di ossitocina fosse in grado di modulare l’impatto
emozionale delle esperienze di condivisione sociale e agisse sull’elaborazione
neurofunzionale in modo rilevabile mediante neuroimmagine. Inoltre, i
ricercatori hanno verificato se gli effetti dell’ossitocina fossero modulati in
modo particolare per ciascun sesso e stile psicologico di attaccamento.
I
risultati hanno mostrato che l’ormone peptidico accresceva nelle donne il
tasso di condivisione degli stimoli con un’amica e non con un’estranea, e
particolarmente con l’amica che era sottoposta alla scansione cerebrale. Questo
andamento non si rilevava negli uomini. Le immagini cerebrali
corrispondenti mostravano che l’ossitocina era in grado di far decrescere
l’attività sia nell’amigdala che nell’insula delle donne, riducendo anche la
connettività funzionale dei sistemi neuronici di queste regioni cerebrali
quando le volontarie facevano esperienza di condivisione. Negli uomini si
riscontravano praticamente gli effetti opposti.
Elemento
di fondamentale importanza emerso da questo studio è che l’ossitocina non accresceva l’attività del sistema a ricompensa cerebrale.
Nel gruppo
trattato col placebo, quando le donne condividevano le immagini con le proprie
amiche, le risposte nell’amigdala erano positivamente associate con l’ansia da
attaccamento; l’assunzione di ossitocina causava il disaccoppiamento di queste
risposte.
L’insieme
dei risultati emersi dalle prove, per il cui dettaglio si rinvia al testo
dell’articolo originale, dimostra che nelle donne l’ossitocina accresce
l’effetto della condivisione di esperienze positive, con un correlato
funzionale evidente per amigdala, insula e loro connessioni. Tale ruolo del
peptide non si è rilevato negli uomini. Nei volontari con più alti livelli di ansia da attaccamento, l’ossitocina era
in grado di ridurre le risposte
accentuate dell’amigdala durante la condivisione.
Da quanto
rilevato in questo studio, l’ossitocina sembra agire riducendo l’ansia nella
condivisione interpersonale e non accrescendo l’attività del sistema a
ricompensa.
L’autrice della
nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Diane
Richmond
BM&L-15 settembre
2018
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La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è
registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in
data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] Si veda in Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool.
[2] Note e Notizie 13-05-17 Ossitocina e antagonismo oppioide migliorano
parametri sociali.
[3] Per una corretta
rappresentazione chimica si deve aggiungere un ponte disolfuro fra i due
residui di cisteina.
[4] La vasopressina è con ogni
probabilità il primo neuropeptide ad essere stato identificato. La fonte
principale di vasopressina è costituita dai neuroni magnocellulari
dell’ipotalamo che inviano assoni alla neuroipofisi (Cfr. Mains
R. E. & Eipper B. A., Peptides, in Brady Siegel Albers Price, Basic
Neurochemistry, p. 390, 8th edition, 2012).
[5] L’ipotesi è stata
dettagliatamente formulata in un quadro teorico sviluppato da Giuseppe
Perrella, ma trova riscontro anche in numerose altre osservazioni di
neurobiologia dell’evoluzione.
[6] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool. Si suggerisce la
lettura integrale della nota che, oltre a contenere vari dati informativi
interessanti, fornisce elementi per comprendere le ragioni della nostra
posizione critica.
[7] Il disegno sperimentale, spesso
concepito da ricercatori nel campo delle scienze psicologiche e sociali, non tiene
conto della complessa realtà neurochimica e neurofisiologica su cui si esercita
l’effetto di una singola sostanza assunta dall’esterno, ritenendo di poter ignorare
il cervello come black box, saltando direttamente al
comportamento ed attribuendo la variazione nei parametri misurabili a ciò che si
riteneva essere l’unico elemento variante nel sistema.
[8] Nelle “Notule” del 24-10-15
(v.) sono discussi due studi, uno che sembra confermare una certa efficacia nel
PTSD, l’altro che dimostra un’azione addirittura controproducente su persone
che hanno subito un trauma psichico recente, perché accentua l’effetto
evocativo di volti esprimenti emozioni.
[9] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool.
[10] Note e Notizie 13-05-17 Ossitocina e antagonismo oppioide migliorano parametri sociali.